Le uniformi della Legione Truppe Leggere avevano i colori che rispecchiavano quelli delle bandiere del Corpo. Gli Ufficiali superiori avevano una certa discrezionalità nella foggia dell’abbigliamento, mentre i Sottufficiali, i Graduati e la Truppa disponevano di un vestiario ed equipaggiamento distinti in quattro categorie a seconda dell’impiego.

Il vestiario comprendeva un giustacorpo, una veste, un paio di brache, un paio di calzette. L’equipaggiamento comprendeva, invece, un paio di scarpe ambidestre o ambisinistre, un paio di ghette, due camicie e uno zaino “obersacco”, che altro non era che una borsa rettangolare di tela con cinghie in pelle e fibbie di ottone, portata a tracolla, che conteneva viveri e biancheria.

Il copricapo della Legione Truppe Leggere variava a seconda delle varie specialità: ad esempio i fucilieri e i dragoni a cavallo indossavano un “tricorno”, i granatieri un berrettone di pelo e i cacciatori il “bonetto” o “bonet de police”, di colore nero. Quest’ultimo copricapo era una sorta di caschetto di cuoio duro con frontalino e una placca di ottone indicante il reparto, sormontato da fiocchi di lana nera o rossa. L’adozione di tale copricapo rendeva molto più rapido lo sfilarsi del fucile, a cagione dei peculiari impieghi della Legione, al contrario dei soldati della fanteria di linea.

Sull’esempio della Legione Truppe Leggere, tutti gli Stati preunitari della penisola si dotarono di Corpi di Finanza similari che, sebbene organizzati e strutturati in maniera differente gli uni dagli altri, furono accomunati dal medesimo amor patrio e da una diffusa adesione agli ideali risorgimentali.

Nel Regno delle Due Sicilie, le Guardie dei Dazi Indiretti, a partire dal 1808, erano contraddistinte da un “cappello tondo ripiegato sulla parte sinistra, ornato da un pom pon verde e di una placca di metallo bianco” col le lettere D.I. formanti una cifra coronata.

Nel Granducato di Toscana, a partire dal 1840, le uniformi dei Capi Brigata della Real Guardia di Finanza erano caratterizzate da una giacca monopetto di color marengo cupo con 9 bottoni di metallo giallo, riportanti lo stemma Granducale con leggenda attorno “R. Guardia di Finanza”, con pistagna, manopole e venature di panno celeste cupo nonché da un copricapo a 3 punte, orlato di nastro di seta nero, con nappini rossi e argento, coccarda in seta nera e laccio di metallo dorato. Il copricapo degli Ufficiali, detto shakot, era invece costituito da un corpo rigido in cuoio nero, un pennacchietto di crine celeste, un nastro dorato indicante il grado e un fregio dorato recane l’iscrizione “R. Guardia di Finanza”.

La Real Guardia di Finanza del Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla, a partire dal 1849, indossò l’elmo regolamentare delle fanterie delle Reali Truppe, detto “a chiodo”. Il fusto in corame nero lucidato era ornato con metalleria in ottone e, sulla sinistra, recava una coccarda in cuoio con i tre colori dello Stato (giallo, blu e rosso). Sulla placca a stella erano incisi il motto della Casa di Borbone-Parma, lo scudo nobiliare della medesima e il monogramma del Duca. Il copricapo, infine, era arricchito con numerosi e caratteristici gigli borbonici.

L’Imperial Regia Guardia di Finanza del Lombardo-Veneto ebbe un ruolo da protagonista durante i moti del 1848 che sconvolsero l’intera Europa rovesciando gli esiti del Congresso di Vienna. Infatti, durante le “Cinque giornate di Milano”, tra il 18 e il 23 marzo, i Finanzieri milanesi furono in prima linea sulle barricate al fianco degli insorti contro gli Austriaci. Le loro uniformi di color verde “cupo” erano contraddistinti da calzoni color “grigio-misto chiaro” e da un particolare copricapo, detto “iczakot” di panno nero con aquila imperiale in ottone.

I militi della Truppa di Finanza pontificia che parteciparono attivamente alla difesa della Repubblica Romana (1849) furono, invece, caratterizzati dal c.d. cappello “alla calabrese” che, nel Risorgimento, fu considerato come simbolo di libertà e di riscossa, in quanto già indossato da Ernani, il protagonista dell’opera omonima di Giuseppe Verdi, andata in scena per la prima volta nel 1844 al teatro “La Fenice” di Venezia. Questo particolare copricapo fu utilizzato anche da altri reparti che combatterono a Roma e può essere considerato come il precursore del cappello alpino, introdotto nel Corpo a partire dal 1875. Sempre durante la difesa della Repubblica Romana, quando scarseggiarono i rifornimenti vestiari, i Finanzieri romani adottarono anche il “bonetto” in panno rosso, uno speciale copricapo ornato con penne di vario genere, in particolare di struzzo.

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