Nel corso del primo conflitto mondiale la Regia Guardia di Finanza procedette alla mobilitazione di 18 Battaglioni, impiegati sul fronte terrestre, mentre il Naviglio del Corpo passò alle dipendenze della Marina Militare.

I reparti litoranei e portuali del Corpo assicurarono la vigilanza lungo la costa e nei punti di approdo; nella notte del 5 aprile 1918 due finanzieri, in servizio lungo la cinta portuale di Ancona, interruppero l’azione di sabotaggio condotta da un reparto di sessanta arditi incursori della Marina Austro-Ungarica, infiltratasi nel porto dorico per distruggere i MAS di Luigi Rizzo, che rappresentavano una costante minaccia per la flotta imperiale dell’Ammiraglio Horty.

Al termine della grande guerra il naviglio del disciolto servizio doganale austriaco venne acquisito dalle Fiamme Gialle ed andò a costituire la ‘’Flottiglia Costiera” di Trieste, reparto navale posto al comando del Tenente Giovanni Rossi, futuro affermato scrittore di viaggi di mare e della vita dei marinai.

Tra i mezzi armati dai finanzieri, particolare importanza riveste il piroscafo ‘’Generale Turba”, già denominato ‘’Zadar”. La nave venne costruita nel 1909 presso il cantiere navale San Rocco di Trieste, per l’esigenza di vigilanza marittima delle dogane imperiali.

Negli ultimi anni del regno Francesco Giuseppe, il piroscafo venne più volte utilizzato dall’imperatore per brevi crociere lungo il litorale istriano e le coste dalmate. La nave, trecento tonnellate di dislocamento, scafo in ferro, propulsa da una caldaia a vapore in grado di sviluppare una potenza massimo di oltre 600 HP, era caratterizzata da un allestimento tipico per un battello di rappresentanza piuttosto che per un’imbarcazione per il contrasto del contrabbando.

Il ‘’Generale Turba” trovò impiego nell’addestramento dei primi frequentatori della scuola Nautica della Guardia di Finanza, costituita a Pola nel 1926, la cui istituzione venne fortemente perseguita dal Capitano Rossi, che seppe imprimere professione e dinamismo nell’attività di formazione degli equipaggi del Naviglio del Corpo.

Noi nel secolo scorso

Affermato scrittore, Vittorio G. Rossi, in occasione del cinquantenario della scuola Nautica trasferitasi a seguito del trattato di pace dalle acque istriane al golfo di Gaeta, ricordando il tempo di Trieste e di Pola con il suo linguaggio scarno di uomo di mare ligure, ricordava: ‘’... Quelli che han fatto il naviglio oramai sono rimasti in pochi; non erano molti quando lo hanno fatto...Ora il Naviglio ha la sua storia ed è una bella storia, c’è anche eroismo e gloria in essa”.

Durante la seconda guerra mondiale il Turba, trasformato in dragamine, operò in difesa del traffico mercantile e nella lotta agli insidiosi sommergibili; dal 1948 al 1960 riassunse il ruolo di nave scuola per il Corpo nel ruolo di ambasciatrice delle Fiamme Gialle di mare presso la Scuola Nautica di Gaeta.

A bordo del Turba acquisirono il ‘’piede marino” i militari che negli anni successivi, andavano a costituire gli equipaggi delle nuove classi di unità che animavano le acque del mediterraneo nella diuturna lotta contro i contrabbandieri di tabacco lavorato estero e, in tempi più recenti, ai trafficanti di armi e stupefacenti.

Negli anni ‘50 la nave venne sottoposta ad un intenso ciclo di interventi tecnici e di ammodernamento e venne dotata di un nuovo motore diesel e di un apparato radar.

Nel 1970 fallito il tentativo di cedere il Turba alla Presidenza della Repubblica, quale nave di rappresentanza per il Capo dello Stato, l’antico piroscafo doganale, che ha accompagnato l’imperatore ‘’Cecco Beppe”, acerrimo nemico dei patrioti risorgimentali lungo le coste adriatiche, venne radiato dal quadro del naviglio del Corpo e mestamente avviato alla distruzione.

Quale testimonianza dell’impiego del piroscafo da parte delle Fiamme Gialle restano i ricordi personali, alcune suppellettili di pregio e la campana di bordo, attualmente conservata presso la Scuola Nautica di Gaeta.

Noi nel secolo scorso

A partire dalla seconda metà degli anni 50, l'intensificarsi della vigilanza in mare operata con l'utilizzo di unità similari a quelle contrabbandiere, quindi più potenti, e l'inizio dei servizi di osservazione aerea anticontrabbando portarono la Guardia di Finanza alla cattura di diverse navi e numerosi pescherecci, gran parte dei quali battenti bandiere straniere.  Come risposta all'accentuata attività repressiva del Corpo, però, le organizzazioni contrabbandiere modificarono i propri sistemi di lavoro, iniziando ad impiegare, per il trasbordo e lo sbarco, mezzi più piccoli e veloci, che sostituirono ben presto la funzione dei motopescherecci. Questi mezzi veloci, data la loro scarsa autonomia, venivano rimorchiati dalle navi-madri fino al largo delle coste italiane, per poi essere impiegati in veloci puntate all'interno delle coste delle acque territoriali, sino a sbarcare la merce sulle coste.  Uno dei primi mezzi veloci utilizzati a questo scopo fu il “Taifun”, che affondò nei primi mesi del 1957 perdendo un uomo del suo equipaggio. Le imprudenti "memorie" di contrabbandiere del Mediterraneo, pubblicate dal comandante di quella unità, l'inglese Edward Hug, sotto il titolo di "Midnight Trader" (Trafficante di Mezzanotte), nonostante l'accortezza da lui usata per mascherare i nomi delle navi e degli associati, furono molto utili al Nucleo Centrale di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza per far condannare i capi di una potente organizzazione contrabbandiera.

Un altro dei mezzi veloci che per qualche anno diede filo da torcere alle unità navali della Guardia di Finanza fu il “Carola” che, comandato da spericolati marinai, riuscì per molto tempo, grazie alla potenza dei motori, alla corazzatura che ne proteggeva le parti vitali, ed alla spregiudicatezza del suo equipaggio, a sfuggire alla cattura che, però, fatalmente avvenne nel 1960 nelle acque di Trapani.

All'inizio degli anni '60, l'intensificata azione repressiva del Corpo, che portò alla cattura di numerosi navi ed alla distruzione di alcune potenti organizzazioni, nonché l'abolizione del porto libero di Tangeri e l'insorgere di nuove vie del traffico illecito (via terra, a mezzo vagoni ferroviari e camion TIR), causarono una forte contrazione del contrabbando via mare nel Mediterraneo. Con la contestuale diminuzione dell'attività svolta dalle navi contrabbandiere con basi a Tangeri e Gibilterra, venne riadattato il sistema di trasportare grosse partite di sigarette con navi passeggeri e mercantili.

Tra le tanti operazioni condotte in quegli anni dalle unità del Corpo, particolarmente clamorosa fu la cattura della motovedetta “Brave Bunting”, con un carico di 5 tonnellate di sigarette, nelle acque dell'isola della Maddalena, alcuni giorni dopo che questa aveva speronato e danneggiato gravemente nelle acque di Napoli una motovedetta della Guardia di Finanza. Nel 1964 vennero catturati invece, tra gli altri, il “Tuphinambanas”, con oltre 13 tonnellate di sigarette, nelle acque di Genova, e il Puerto di Bilbao, nelle acque di Bari, che trasportava 4 tonnellate di tabacchi esteri.

Nel corso del 1965 venivano catturate a Palermo le navi contrabbandiere “Reus”, “Brusbuttelkoog” e “Maja”, mentre nell'agosto del 1996 riusciva a sfuggire alla cattura, dopo un lungo inseguimento e nonostante fosse stato fatto uso delle armi, la petroliera “Olimpic Rock”, di 18 mila tonnellate, sorpresa da due unità nelle acque di Trapani mentre stava effettuando un trasbordo.

Attorno alla metà degli anni '60, le navi contrabbandiere battevano generalmente bandiera panamense, ma si andava già profilando l'impiego sempre più frequente di navi greche e cipriote. 

Tra il 1969 e il 1973, tanto per dare un'idea dell'imponenza che il fenomeno andava sempre più assumendo, la Guardia di Finanza sequestrava complessivamente 81 navi, 42 motopescherecci, 51 motobarche e ben 150 motoscafi, 85 dei quali nel solo 1973, senza poi considerare tutti i natanti minori. Il 1974 vedeva invece il suo inizio con il sequestro nelle acque di Crotone della motonave “Isola de Coiba”, con oltre 18 tonnellate di tabacchi, seguita dalla nave cipriota “Floriana”, nelle acque del Golfo di La Spezia, con a bordo ben 9 autocarri articolati TIR, con un complessivo carico di oltre 70 tonnellate di sigarette, quantitativo mai sequestrato prima di allora.

Questa pagina ti è stata utile?