Le origini
Agli inizi del 1800, nel Regno delle Due Sicilie, la tutela degli interessi finanziari ed economici venne affidata alla Direzione Generale dei dazi indiretti attraverso la costituzione di un ‘’servizio di mare” la cui flotta comprendeva imbarcazioni minori tra cui le Scorridore - tipiche imbarcazioni a vela per combattere il contrabbando - di derivazione civile che sfruttavano come propulsione la forza eolica o a remi assicurando, pertanto, una vigilanza molto modesta, circoscritta perlopiù agli specchi acquei portuali. Queste unità navali, unitamente alle paranze, ontri e gozzi, a cui furono attribuiti compiti di polizia delle coste, costituirono in sostanza una vera e propria marineria doganale, impegnata nella repressione del contrabbando e nello svolgimento di un servizio di avvistamento e segnalazione, contro le incursioni delle unità anglo-sicule, che tormentarono le coste del regno meridionale durante la sua breve esistenza.
Nella seconda metà del XIX secolo, gli stati maggiori delle marine europee cominciarono ad interessarsi con fiducia eccessiva alle siluranti, considerate un mezzo efficace e poco costoso per difendere le proprie coste in caso di guerra.
Prese piede in quegli anni la concezione di sostituire alle corazzate, concentrazione massima di potenza offensiva e difensiva, il principio della divisione del lavoro, dando vita ad una grande quantità di bastimenti leggeri e veloci, specializzati in una determinata funzione, quali le cannoniere, le torpediniere e gli incrociatori.
In particolare, le torpediniere erano destinate alla costituzione di cordoni difensivi lungo le coste; queste unità, inizialmente, si dimostrarono incapaci di tutelare una fascia di mare di sufficiente profondità, in quanto gli scafi temevano il tempo cattivo e i siluri colpivano raramente il bersaglio.
Negli anni successivi le torpediniere si trasformarono in unità sempre più grandi e meglio armate, dislocamenti superiori anche a 100 tonnellate con scafi leggeri dalle forme molto affilate, le cui caldaie potevano imprimere una velocità anche di 24/25 nodi. Purtroppo, la ‘’leggera costruzione”, sia degli scafi che degli apparati motore, portò ad un precoce invecchiamento delle unità.
Le sistemazioni per l’equipaggio a bordo erano ridotte al minimo, non offrendo alcun comfort, gli uomini imbarcati erano sottoposti a prove assai dure. Se un gruppo di queste piccole navi doveva affrontare un lungo trasferimento, come talvolta accadeva, gli equipaggi arrivavano a destinazione estenuati e incapaci di affrontare altre situazioni di emergenza se non dopo un periodo di riposo.
Gli scafi sottili spesso non potevano stare alla fonda a ridosso delle corazzate e occorreva ormeggiarli in porto per permettere agli equipaggi di dormire, al fine di conservarsi efficienti. Si usava distinguere queste navi in ‘’torpediniere costiere’’ e ‘’torpediniere d’alto mare’’, le prime, appartenenti per lo più ai vecchi tipi, avevano dislocamento minore e ridotte capacità di affrontare mare aperto e tempo cattivo; le seconde, più grandi, potevano spingersi più al largo e operare assieme alle navi della flotta.
L’entusiasmo per le torpediniere non contagiò in modo eccessivo gli ambienti della Marina Italiana. Si acquistarono e costruirono torpediniere per la difesa costiera o per compiti offensivi, ma senza perdere di vista la costruzione delle navi maggiori.
In particolare le unità torpediniere classe ‘’Euterpe’’, classificate come torpediniere costiere di IV classe, vennero acquistate dalla Regia Marina Italiana dai cantieri Thrnycroft di Londra nel 1883, per essere imbarcate su navi da battaglia; le imbarcazioni si dimostrarono poco pratiche per l’impiego bellico e alcune di esse furono dislocate nei laghi di confine e nella laguna veneta per essere adibite alla vigilanza doganale.
Dopo un periodo sperimentale, le torpediniere furono cedute alla Regia Guardia di Finanza per le esigenze del Servizio Navale.
Private dei tubi lanciasiluri e dotate di un proiettore di generose dimensioni, installato su un traliccio metallico, le torpediniere vennero inizialmente utilizzate quale ‘’cordone di vigilanza doganale’’ a difesa dei confini marittimi e dei laghi della fascia prealpina, che rappresentavano la frontiera tra i vari Stati.