L'unificazione
Il panorama dei Corpi di vigilanza doganale e confinaria negli Stati italiani, al momento dell'unificazione nazionale, è piuttosto vario per soluzioni organizzative e livelli di efficienza.
Nel Regno Sabaudo e nel Regno delle Due Sicilie, vale a dire nei più importanti ordinamenti preunitari, si è conservata, dopo la restaurazione, l'organizzazione di tipo napoleonico di un corpo paramilitare inserito nell'amministrazione doganale civile, il quale ha avuto modo di distinguersi per valore ed efficienza sia nella difesa delle coste sia nel corso del blocco continentale sia nelle campagne delle armate imperiali.
Nel Regno Lombardo-Veneto, nel Gran Ducato di Toscana e nei Ducati di Parma e Modena prevale, invece, il modello della "Imperial Regia Guardia di Finanza", di origine austriaca, caratterizzato da connotati militari più marcati e dalla destinazione all'assolvimento di compiti di tutela della fiscalità interna, oltre che doganali e confinari.
Un caso a sé è rappresentato dalla "Truppa di Finanza" pontificia, Corpo completamente integrato nelle Forze Armate del piccolo Stato, seppur alle dipendenze del Ministro delle Finanze, con competenza estesa all'intero sistema fiscale.
Nel territorio del Regno d'Italia (1861) risultano complessivamente in servizio quindicimila guardie di finanza, un apparato assai eterogeneo, avuto riguardo non solo al profilo organizzativo, bensì anche ai forti squilibri retributivi e di "status", di estrazione sociale e di livello culturale. L'unificazione dei corpi di finanza, dunque, non può risolversi mediante la pura e semplice estensione, all'intero territorio del Regno, degli ordinamenti sardi, come avviene, invece, per l'Arma dei Carabinieri e per la Pubblica Sicurezza.
Al fine di realizzare il necessario amalgama tra elementi tanto differenti, viene conferita alle guardie una connotazione militare netta. Si stabilisce, infatti, che pur mantenendo la dipendenza dal Ministro delle Finanze, il personale può essere mobilitato in caso di guerra, passando agli ordini del Ministro della Guerra o di quello della Marina, i quali provvedono a nominare gli ufficiali destinati a comandare i reparti dei doganieri mobilitati.
Del resto, anche in tempo di pace, le Guardie Doganali saranno soggette alle leggi e ai tribunali militari per determinati reati (insubordinazione, diserzione qualificata dall'asportazione di armi, uso illegittimo delle armi) e alle sanzioni previste dal regolamento di disciplina per l'Esercito.
Le guardie si distinguevano in "attive", destinate alla vigilanza nelle zone doganali di terra e di mare e alla repressione del contrabbando di merci soggette a dazio o a privativa, e "sedentarie", tratte dalle prime in base a criteri di anzianità e idoneità, impiegate per la vigilanza degli uffici doganali nonché degli stabilimenti delle privative. Tutti sono tenuti a concorrere al mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica, a richiesta delle autorità competenti.