Il Grifone
I Grifoni sono formati dal corpo del leone e dalla testa dell' aquila, "(...) perché si vuole indicare che è necessario conciliare la saggezza con la forza" (G. A. Bokler, in "L'enciclopedia dei simboli", p. 243, Garzanti, 1991); essi sono pure definiti il "(...) simbolo della forza e della vigilanza (...) l'ostacolo da superare per arrivare al tesoro" (J. Chevalier e A. Gheerbrant, "Dizionario dei simboli", Vol. I, Rizzoli, 1986), "(...) l'associazione del grifone con l'oro, inoltre, gli assicura un posto nell'araldica del ventesimo secolo, come simbolo appropriato per personaggi e società riconducibili alla finanza" (Peter Gwyn-Jones, "The art of Heraldry", Parkgate Book (Cap. III).
È diffusa la tendenza di identificare ogni animale araldico con il grifone, anche se questo ha caratteristiche molto precise e delineate: infatti, è formato dal corpo, dalle zampe posteriori e dalla coda di un leone, combinate con la testa e con gli artigli di un'aquila, e con quest'ultimi che fungono da zampe anteriori. Ha le ali d'aquila, che non sono mai rappresentate chiuse, ma ha anche le orecchie, unica distinzione tra una testa di grifone e una testa d'aquila quando il resto del corpo non è rappresentato. Sulla conoscenza di questa "mostruosità ibrida" è fondamentale tener presente il "Bestiario medievale", uno dei pochi libri diffusamente letti nel Medio Evo, basato sul lavoro di un fisiologo il quale, in un momento non ben definito tra il secondo e il quinto secolo dell'età cristiana, scrisse il suo libro delle bestie, in cui erano riportate le opere sia vere sia fantastiche di molti autori precedenti.
Il bestiario medievale non tentò affatto di distinguere tra verità e fantasia, e i suoi lettori accettavano di buon grado che il grifone, l'unicorno o il basilisco fossero reali, alla stregua degli animali da cui erano circondati nella vita quotidiana (F. Maspero e A. Granata, "Bestiario medievale", Ed. Piemme, 1999).
Infatti, come avvenne per altri animali fantastici, le raffigurazioni del grifone risalivano molto addietro nel tempo: si rinvengono testimonianze nell'arte egiziana come in quella indiana e, soprattutto, persiana, ma anche nelle tradizioni artistiche sia dei greci che dei romani.
I bestiari medievali affermavano che il grifone aveva la grandezza e la forza di oltre cento cavalli e che fosse capace di ghermire e portar via un bue con ciascuna zampa artigliata. Esso era anche il guardiano delle miniere d'oro nascoste tra le alte montagne, laddove veniva rappresentato in un velleitario tentativo di impaurire i cavalli del nemico. Le coppe che si credevano ricavate dagli artigli o dalle uova del grifone (quasi certamente fabbricate con corna di antilope e con uova di struzzo) erano altamente apprezzate nelle corti dell'Europa medievale.
E dalla leggenda del volo-ascensione di Alessandro Magno, nel canestro di pelle di bue trainato da due grifoni, sintesi della condizione umana con tutte le sue potenzialità e debolezze, si arriva al Sommo Poeta; anche Dante (Purgatorio, XXIX vv. 106-108) menziona un carro trionfante a due ruote trainato da un grifone, con il corpo d'oro nella parte d'uccello, bianco e vermiglio in quella di leone: i commentatori sono generalmente concordi nel ritenere che il carro rappresenti la Chiesa e che il grifone simboleggi, per il vario colore delle sue membra, la natura divina e la natura umana, armonicamente fuse, di Cristo.
È tipico dei simboli condensare vari significati e il grifone non si sottrae a tale tendenza: se si confronta la simbologia propria dell'aquila con quella del leone, si può affermare che il grifone collega la potenza terrena del leone all'energia celeste dell'aquila, inscrivendosi così nella simbologia generale delle forze di salvazione. Ma al grifone, oltre alla forza e alla fermezza (constans et fortis) sono riferibili umiltà e tranquillità (humilis et quietus) nelle situazioni difficili: costans et lenis, ut res expostulat, esto: Temporibus mores sapiens sine crimine mutat (Sii fermo e mite, come la situazione richiede: chi è saggio, senza colpa, muta la sua condotta in rapporto alle circostanze).
Probabilmente, il primo mostro del bestiario ad apparire in araldica (nel 1167 sul sigillo di Riccardo di Redvers, Conte dell'Essex) fu proprio il grifone (the Griffin or Gruphon), da non confondere con il grifone maschio (Male gryphon) che ha un corpo senz'ali, e si caratterizza per remissione di lingue di fuoco. Il motivo per cui questa creatura sia stata conosciuta come grifone maschio rimane un mistero (un indizio sull'origine del grifone maschio va individuato nel sostegno delle armi di St. Leger dipinto nel 1530); ma questa denominazione non implica che l'animale alato sia femmina. Le descrizioni araldiche gli hanno invariabilmente fornito un'anatomia chiaramente mascolina. Una variante del grifone è costituita dal grifone marino, o grifone di mare.
In esso, la parte anteriore della creatura è quella dell'aquila, ma le ali sono a volte omesse: e la parte inferiore dell'animale è quella di pesce, o meglio di una sirena.
Una rappresentazione particolarmente pregevole ed antica del grifone è costituita dal gran sigillo della città di Schweidnitz nella giurisdizione di Breslau, e risale all'anno 1315. L'iscrizione dice "+S universitatis civium de Swidniz". Nella concessione delle insegne alla città nell'anno 1452, il grifone è di rosso su un campo d'argento.
Il grifone si potrà trovare in tutti i tipi di posizione, ed i termini utilizzabili sono gli stessi che si applicherebbero al leone, tranne che nell'ultimo caso della posizione rampante. Il grifone si definisce in tal caso "segreante". Le ali vengono di norma, ma non obbligatoriamente, rappresentate come addorsate ed erette.
Frequentemente, il grifone si trova con il becco e le zampe anteriori di colore diverso dal corpo e in questo caso si definisce "armato". Dal 1949, un grifone compare anche sullo stemma araldico della Guardia di Finanza: con apposito decreto del 18 giugno del 1949, il Presidente della Repubblica concesse al Corpo di rappresentarvi un "(...) grifone d'argento accasciato sulle zampe posteriori e poggiante la zampa anteriore destra su un forziere (...)".
Articolo di Massimo Ricciardi, tratto da «Il Finanziere» n. 3, marzo 2002.